Una salvietta imbevuta è quello che ci voleva, la passò sulla punta della scarpa décolleté nera, poi alla base del tacco rapidamente. Victoria era solita fermarsi lì: sull’unica panchina del giardino comunale. Un giardino misero - certamente - con un paio di soliti giochi per bimbi e poco altro.
Lei era lì, per osservare proprio quei giovani germogli, piccoli esseri umani con grande potenziale, infinito potenziale; ma purtroppo le molteplici possibilità di crescita e raffinamento - che per ogni figlio si può tentare di pianificare - nella pratica portano nel maggiore dei casi al medesimo risultato. Invariato. I giovani, che prima erano bambini, che poi diverranno adulti, che poi saranno vecchi da accudire come neonati… saranno la somma semplicemente della società in cui vivono. Possiamo raccontarcela, edulcorare la realtà, nutrire delle aspirazioni teoriche; ma i nostri figli sono e saranno come i figli di tutti gli altri. Proprio come quel piccolo che Victoria osserva con molta attenzione - tanto simile nella sua distorta percezione - alle fattezze fisiche, nei lineamenti del volto, nel sorrisino. Le manca da morire il figlio! Molto più del marito assente anche lui, e lontano da casa. Due dolori, ma di un enorme peso specifico differente.
Il compagno di Victoria è sempre stato un disadattato. Un animo artistico incompleto, sempre sul punto di creare qualcosa di degno ed apprezzabile, ma tremendamente incostante. Lunatico è il termine appropriato. Come se non sapesse di preciso a cosa anelare. Lei, che si innamorò anche della sua indole creativa, si aspettava un tempo soddisfazione nel trattare e convivere con un uomo così sensibile. Ma la disillusione a questo riguardo arrivò presto, dopo pochi anni dal matrimonio. Lui era semplicemente un eterno bimbo, nulla di più.
Un tempo - era convinta senza alcun dubbio - che Nando poteva crescere e maturare in maniera corretta; senza prendere spunto dal comportamento del padre. Così in parte era stato, ma Victoria non si aspettava proprio che il suo Nando fosse così finemente omologato - come uno stampino da biscotti che crea sempre la stessa forma all’infinito - e il figlio era diventato uno dei biscotti.
Però era bello, doveva ammetterlo, vedere quel piccolo ricciuto e biondo - identico a Nando - che si dava slancio sull’altalena. Era davvero bello.